Il fissatore interno nel trattamento della instabilità di gomito

Dott. Robero Urso Ortopedico Traumatologo, Ospedale Maggiore, Bologna Abstract: Generalmente, la grave distorsione di gomito o, ancor peggio, la sua lussazione sono da considerare situazioni di elevata gravità che facilmente portano a spiacevoli conseguenze, quali, ad esempio, la recidiva della lussazione stessa, data dall’instabilità articolare per lesione dei legamenti collaterali, mediale e laterale. Questo problema può rendersi ancora più grave e complesso da risolvere in caso il gomito abbia subito un trauma tale da determinare una situazione che, in campo medico, viene definita la ‘triade terribile’. In questo compendio, viene descritta una tecnica chirurgica (fig.1) che ha l’obiettivo di by-passare i classici interventi di ricostruzione legamentosa contemporanei alla ricostruzione ossea con mezzi di sintesi, approcci chirurgici che inevitabilmente possono portare a rigidità della articolazione. Abstract: Generally, severe elbow sprain or, even worse, its dislocation are to be considered highly serious situations that easily lead to unpleasant consequences, such as, for example, the recurrence of the dislocation itself, given by joint instability due to injury to the collateral, medial and lateral ligaments. This problem can become even more serious and complex to resolve if the elbow has suffered such trauma as to determine a situation that, in the medical field, is called the ‘terrible triad’. In this compendium, a surgical technique is described (fig. 1) that has the objective of bypassing the classic ligament reconstruction interventions contemporary with bone reconstruction with synthesis means, surgical approaches that can inevitably lead to joint stiffness. Spesso capita di sentir raccontare dalle persone di episodi di lussazione di spalla, ma molto meno di episodi di lussazione del gomito; questo per un motivo molto semplice: i traumi ad alta energia, soprattutto quelli sportivi, coinvolgono più frequentemente la spalla rispetto al gomito, in una percentuale dello 0,06% del totale annuo di tutti i traumi ad alta energia. La lussazione del gomito è più rara, ma, tuttavia, non meno grave e pericolosa per i problemi sia immediati che futuri a cui può portare. Questa lesione è rappresentata da una fuoriuscita dell’omero distale dall’alloggiamento dell’ulna prossimale. La lussazione ha sempre una origine traumatica, ma diventa abituale nel caso che la stessa prima lussazione non venga immediatamente trattata in modo adeguato. In questa sessione vogliamo descrivere quel tipo di lussazione che, per la sua particolarità può determinare delle complicanze gravissime, se non trattata in modo idoneo: stiamo parlando della cosiddetta “Triade Terribile”. Perché viene definita “Triade”? Perché alla lussazione dell’omero fuori dall’alloggiamento dell’ulna si associa la frattura del capitello radiale e la frattura della coronoide. Chi per primo definì questo gruppo di 3 lesioni? Hotchkiss, nel 1966, che descrisse una lesione complessa al gomito che includeva la lussazione del gomito, la frattura del capitello radiale e la frattura del processo della coronoide. Se alla lussazione articolare concomita anche una frattura, quale quella dell’omero, dell’ulna o del radio, la lesione viene ridefinita come frattura-lussazione ad alta complessità. E oltre alla porzione ossea non vanno dimenticate le lesioni del legamento collaterale mediale e del legamento collaterale laterale che determinano la totale instabilità dell’articolazione del gomito. L’argomento è tanto interessante quanto complesso nella sua interezza: le classificazioni delle varie lesioni sono molteplici e le più usate, negli ultimi anni, sono la classificazione di O’Driscoll per le lesioni della coronoide (2003) e la classificazione di Morrey per il capitello radiale. Classificazione di O’Driscoll: Tipo I: frattura all’apice della coronoide, solitamente successiva alla lussazione del gomito. (con 2 sottotipi, a seconda della dimensione dei frammenti: Tipo I/a presenta frammenti ≤ 2 mm, Tipo I/b i frammenti sono > 2 mm). Tipo II: frattura anteromediale con orientamento obliquo. Tipo III: frattura alla base del processo della coronoide Classificazione di Morrey-Broberg Tipo I: spostamento del frammento inferiore a 2 mm Tipo II: spostamento che coinvolge il 30% della superficie articolare del capitello Tipo III: comminuzione della frattura Tipo IV: tutti e 3 i tipi con concomitante lussazione del gomito. Come detto, questa lesione porta a sintomi e segni clinici che sono caratteristici: grave deformità del gomito, impotenza funzionale completa, dolore estremamente elevato, possibilità di deficit neurologici e circolatori. Vi è l’impossibilità a qualsiasi uso dell’arto superiore e, a questa clinica estremamente eclatante, si associano edema ed ecchimosi diffuse. Gestione: In urgenza si esegue sempre un esame radiologico che evidenzierà la fuoriuscita dell’omero distale dalla sua sede ulnare. Sarà, poi, compito dell’ortopedico, sempre in condizioni d’urgenza, eseguire le dovute manovre per riportare l’articolazione al suo stato originario, rimettendo l’omero nella sua sede. Questa manovra va eseguita subito dopo l’esame radiografico, ricordando che l’eccessiva permanenza fuori dalla sua sede dell’ulna potrebbe determinare deficit, sia di tipo vascolare che neurologico. Una volta ridotta la lussazione, si posizionerà una valva gessata con angolazione >90°, onde evitare che possa verificarsi un’estensione del gomito che provocherebbe una nuova lussazione. Un esame TAC, eseguito dopo tali manovre, darà un’immagine esatta del danno subìto dall’articolazione del gomito. Quale trattamento? Si esegue la valutazione della frattura del capitello radiale che, a seconda della sua classificazione, si deciderà se trattare con una osteosintesi con mini-viti cannulate o placca da ricostruzione; nel caso che la lesione sia comminuta si procederà alla sostituzione del capitello con una protesi. In seguito si valuta l’entità della lesione del legamento collaterale laterale e la frattura del processo della coronoide che nella maggior parte dei casi dovrà essere riparata. Nei casi ad alta complessità si deve pensare, anche, ad una riparazione del legamento collaterale mediale che servirà a garantire una completa stabilità del gomito. Case report 1: Donna, anni 74: una grave instabilità di gomito post-traumatica, trattata inizialmente con un fissatore esterno articolato. Tale scelta non ha dato alcun risultato a causa dell’ingombro e della limitazione funzionale che permetteva solo la flesso-estensione del gomito. Successivo intervento di rimozione del mezzo di sintesi e intervento chirurgico con accesso laterale al gomito dove è stato impiantato un fissatore interno di gomito. Da come si può vedere dagli Rx di controllo, a livello dei condili omerali viene infibulata una staffa (fig.2) che, attraverso la guida inserita all’ulna prossimale, creerà la neo-articolazione, permettendo la flessione dell’ulna
Professioni sanitarie: stress e rischi psicosociali

Dott.ssa Annamaria Venere Sociologa Sanitaria, Criminologa Forense, Amministratore Unico: AV eventi e formazione, Catania Introduzione La crisi sanitaria legata al coronavirus ha evidenziato come le professioni sanitarie (infermieri, medici, operatori sociosanitari, ecc.) siano tra le più cruciali e impegnative da svolgere, ma anche tra le più stressanti e rischiose dal punto di vista psicosociale (CNOP, 2020). Il lavoro di un professionista della salute richiede una grande capacità di adattamento, resilienza e gestione dello stress; in assenza di queste risorse, il rischio di burnout e di altri disturbi psicologici aumenta in modo significativo (Petyx et al., 2008). A supporto di tale affermazione, sotto un profilo statistico, una ricerca condotta nel 2020 da Medscape ha confermato che il 42% dei medici statunitensi considera il proprio lavoro estremamente stressante; percentuali simili sono riscontrabili in Europa, dove circa il 43% degli operatori sanitari afferma di soffrire di disturbi ansiosi legati al lavoro (Celso Arango et al., 2018). Per quanto riguarda il contesto italiano, in particolare, a causa della carenza di personale e dell’intensificazione delle richieste imposte dalla pandemia di COVID-19 (CNOP, 2020), nonché delle restrizioni socio-sanitarie introdotte a livello politico, la percentuale di operatori sanitari che denuncia livelli elevati di stress sale addirittura al 63%, con punte che toccano il 71% negli ultimi due anni (Conti, 2022). Per comprendere meglio questo fenomeno, i disturbi specifici che ne possono derivare e le possibili soluzioni da adottare, è importante analizzare i fattori che contribuiscono maggiormente al rischio psicosociale sul posto di lavoro di un professionista sanitario. Tra questi, vanno considerati quelli psicologici e sociali. All’origine del rischio psicosociale Quando si riflette sui fattori psicologici, è necessario fare riferimento alle credenze, alle aspettative personali, ai modelli di pensiero e alle strategie di coping che un sanitario, ma non solo, adotta nel proprio contesto lavorativo. Ad esempio, alcuni possono nutrire aspettative irrealistiche o perfezionistiche riguardo a sé stessi e al proprio lavoro, in particolare quelli che si trovano alle prime esperienze. Quando si confrontano con una realtà più complessa e difficile da gestire, possono provare un senso di delusione o fallimento nel non riuscire a soddisfare le aspettative che si erano precedentemente impostate. Questo fenomeno può condurre a sintomi di stress e ansia. Lo stesso discorso vale per le strategie di coping, necessarie per gestire lo stress: la loro carenza può incidere in modo significativo sul rischio psicosociale di un individuo (Di Bisio, 2009). Mentre i fattori psicologici agiscono prevalentemente a livello interiore, i fattori sociali intervengono con modifiche esterne, sia positive che negative. I professionisti che dispongono di una solida rete di supporto sociale, come amici e familiari, tendono ad avere una maggiore capacità di far fronte allo stress lavorativo. Allo stesso modo, un buon ambiente di lavoro che promuove la condivisione delle informazioni e l’apertura al dialogo favorisce il coinvolgimento dei professionisti, contribuendo a ridurre il rischio di burnout (Di Bisio, 2009). Parallelamente, l’organizzazione del lavoro è un altro fattore che può influenzare la salute mentale dei lavoratori. Un carico di lavoro eccessivo o irregolare, la carenza di risorse adeguate e la mancanza di autonomia decisionale possono aumentare considerevolmente il rischio di stress. Ma quali sono i disagi che derivano da un elevato rischio psicosociale per un professionista sanitario? Rischio psicosociale e possibili disturbi Il burnout rappresenta una forma di stress lavorativo estremo, favorito da un senso di esaurimento emotivo, una ridotta realizzazione personale e un cinismo nei confronti del proprio lavoro. Gli operatori sanitari ne sono particolarmente esposti a causa della natura altamente impegnativa e delle responsabilità legate alle loro mansioni. La sindrome da stress da lavoro correlato (STS), invece, è caratterizzata da persistenti sintomi ansiosi, che può avere un impatto significativo sulla salute e sulla qualità della vita. In particolare, la STS può manifestarsi a seguito di esperienze traumatiche sul luogo di lavoro, come in situazioni di emergenza o la cura di pazienti gravi o terminali. È importante sottolineare che i rischi psicosociali non riguardano solo i professionisti sanitari in senso stretto, ma anche coloro che lavorano in altri settori ad alta intensità di impegno e attenzione, come i soccorritori e i militari. Il professionista che presenta questi disturbi, può sperimentare gli effetti anche sul piano familiare e nelle relazioni sociali quotidiane. Di conseguenza, la qualità complessiva della vita può risultare significativamente compromessa. Quelle soluzioni che tutti sanno, ma pochi applicano Molte sono le misure che, in teoria, potrebbero essere adottate a scopo preventivo. Numerosi sono i racconti di operatori sanitari che vorrebbero e potrebbero fare di più, ma che non riescono a farlo a causa delle difficili condizioni sociosanitarie attuali, in particolare in Italia: carenza di personale, turni massacranti e inadeguatezza delle strutture. Nulla di nuovo, soprattutto nell’epoca post-pandemia. Il coronavirus aveva messo in evidenza le criticità su cui era necessario intervenire, sia a livello istituzionale che operativo (CNOP, 2020), ma con il diminuire dell’emergenza sanitaria, anche la questione del rischio psicosociale sanitario sembra essere passata in secondo piano. In generale, le organizzazioni e le istituzioni sanitarie dovrebbero attuare programmi di prevenzione e intervento volti a garantire la salute e il benessere dei propri dipendenti. Questi programmi potrebbero includere il sostegno psicologico, l’accesso alle risorse per la gestione dello stress, la formazione sulla gestione dello stress e la promozione di un ambiente di lavoro sano e sicuro. Tali iniziative dovrebbero prevedere sessioni di terapia individuale o di gruppo, nonché programmi di coaching e di sviluppo personale. Inoltre, le organizzazioni sanitarie potrebbero offrire formazione specifica sulla gestione dello stress e sull’autocura, per supportare i dipendenti nel mantenimento di un buon stato di salute mentale. La sensibilizzazione e l’educazione pubblica, anche se implementate, potrebbero non essere sufficienti a tal fine. È necessario un intervento sistemico, a livello sanitario, lavorativo, politico e amministrativo, affinché si possa sviluppare una nuova concezione di salute e di lavoro sanitario, che integri il benessere mentale di chi fornisce tali cura. Bibliografia Celso Arango, M.D., Covadonga, M.D., Sommer, E.I., Vorstman, J.A., Rapaport, J., McGorry, P. (2018). Preventive strategies for mental health, The Lancet, May. Consiglio Nazionale Ordine Psicologi
Approcci Multidimensionali per Affrontare l’Hikikomori: emergenza Educativa e Interventi Integrati

Un’acuta manifestazione di ritiro sociale, pervade non solo l’Italia ma anche altre parti del globo. Il fenomeno Hikikomori riflette una disfunzione percettiva in cui il mondo esterno viene avvertito come eccessivamente stimolante rispetto alle sensibilità fragili degli individui colpiti. Di conseguenza, l’isolamento costituisce un rifugio sicuro, un’escursione dalla realtà e dalle relazioni interpersonali. Quest’atteggiamento non va confuso con l’apatia, bensì rappresenta una scelta consapevole di ritirarsi dal mondo. I giovani affetti da Hikikomori spesso subiscono una trasformazione radicale nel loro rapporto con la realtà, preferendo la sicurezza dell’isolamento alla sfida della vita sociale. Ciò comporta un deterioramento delle routine quotidiane, inclusa la cura personale e l’interazione sociale. Alcuni manifestano inversioni nei ritmi circadiani, dormendo di giorno e rimanendo svegli di notte, prediligendo restare confinati nelle proprie stanze e mantenendo le relazioni tramite dispositivi informatici anziché tramite il contatto fisico. L’origine dell’Hikikomori può essere attribuita a molteplici fattori, tra cui le dinamiche familiari durante l’infanzia e l’adolescenza, nonché predisposizioni temperamentali. La presenza di genitori iperprotettivi o, al contrario, poco attenti alle necessità emotive e sociali dei figli può influenzare significativamente lo sviluppo di questo disturbo. Dal punto di vista psicologico, l’Hikikomori può essere associato a disturbi quali depressione, disturbo ossessivo-compulsivo e ansia sociale. Molti individui colpiti mostrano un rifiuto della comunicazione diretta, preferendo interazioni mediata da dispositivi tecnologici. La pandemia da COVID-19 ha presentato nuove sfide, con alcuni giovani che percepiscono le piattaforme online come l’unica via per socializzare. Tuttavia, l’abuso di Internet e dei social media può peggiorare la situazione, aumentando ansia, stress e solitudine. In Sicilia, l’emergenza legata all’Hikikomori è stata riconosciuta, con un’enfasi particolare sul coinvolgimento delle famiglie e delle istituzioni educative. Sono stati implementati protocolli per individuare precocemente il disturbo e fornire supporto ai giovani coinvolti, sottolineando l’importanza di un approccio integrato e multidimensionale per affrontare questa complessa problematica. Il fenomeno rappresenta una sfida significativa che richiede una comprensione approfondita delle sue radici sociali, educative, culturali e psicologiche. Solo attraverso interventi mirati e una collaborazione sinergica tra famiglie, istituzioni e professionisti della salute mentale è possibile affrontare efficacemente questa emergenza educativa. L’emergere del fenomeno tra i giovani costituisce una sfida sociale e psicopedagogica sempre più diffusa. Questo isolamento sociale, alimentato dall’uso eccessivo della tecnologia e dei dispositivi digitali, sta influenzando in modo significativo il benessere psicologico e le dinamiche relazionali dei giovani in tutto il mondo. I giovani italiani, così come quelli di molte altre nazioni, sono profondamente coinvolti nell’uso degli smartphone e dei social media. La dipendenza dai dispositivi digitali è così diffusa che molti adolescenti trovano difficile separarsi dai loro telefoni anche di notte, compromettendo la qualità del sonno e il loro benessere complessivo. Lo studio condotto dalla psicologa Jean Twenge ha evidenziato una correlazione diretta tra l’uso eccessivo degli smartphone e livelli inferiori di felicità e benessere tra gli adolescenti. L’Hikikomori rappresenta una risposta complessa e multifattoriale alle pressioni sociali e culturali che i giovani affrontano nelle società contemporanee. Il fenomeno di isolamento sociale diffuso tra i giovani, è diventato oggetto di discussione pubblica in Italia solo di recente. Nonostante la casistica inizi a diventare significativa già dal 2015, l’Hikikomori non era considerato un problema sociale dall’opinione pubblica. Tuttavia, grazie all’azione preventiva di sensibilizzazione dell’Associazione Hikikomori Italia, fondata da Marco Crepaldi nel 2015, l’opinione pubblica ha iniziato a percepire l’Hikikomori come un problema serio che coinvolge numerose famiglie italiane. L’Associazione ha condotto una campagna informativa efficace, coinvolgendo sia i professionisti dell’informazione che le nuove piattaforme digitali. L’obiettivo era chiarire che l’Hikikomori non è solo un fenomeno culturale tipicamente giapponese, ma un dramma che coinvolge anche l’Italia. L’aumento del numero di articoli sulla stampa quotidiana dedicati all’Hikikomori è stato significativo a partire dal 2017, con un incremento esponenziale dal 2018 al 2019. Questo aumento riflette la presa di consapevolezza dell’opinione pubblica che l’Hikikomori è un problema sociale importante che coinvolge numerosi giovani italiani. Secondo Carla Ricci, antropologa e ricercatrice presso il dipartimento di Psicologia Clinica dell’Università di Tokyo, l’Hikikomori in Italia è in crescita a causa di alcune condizioni simili a quelle riscontrate in Giappone, così come delle condizioni sociali che favoriscono uno stato di incertezza, insicurezza e disorientamento. Uno studio dell’Istituto Minotauro di Milano stima che in Italia ci siano tra i cento e i centoventimila casi di Hikikomori. In sintesi, la presa di consapevolezza dell’Hikikomori come un problema sociale importante in Italia ha portato all’attivazione di attori sociali e politici per reperire risorse da investire in progetti di prevenzione in ambito educativo. Approfondimento: Caratteristiche e cause dell’Hikikomori L’Hikikomori è un fenomeno complesso che coinvolge principalmente giovani adulti, in particolare maschi, ma con una crescente presenza anche di casi femminili. L’inizio del ritiro sociale coincide spesso con il passaggio dall’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado al primo anno delle scuole secondarie di secondo grado. Le persone coinvolte nell’Hikikomori sono spesso descritte come dotate intellettualmente, diligenti e analitiche, ma emotivamente fragili. Questo ritratto suggerisce una tensione tra le capacità cognitive e la capacità di gestire le emozioni e le relazioni sociali. È più diffuso nelle famiglie con uno status sociale medio-alto nel Nord Italia e medio-basso nel Sud, ma sta emergendo anche tra le famiglie di ceto medio-basso in altri paesi come la Francia, indicando una diffusione trasversale agli strati sociali. La scuola è spesso identificata come un ambiente ostile che contribuisce alle difficoltà dei giovani. I programmi educativi standardizzati e obsoleti possono non tener conto delle esigenze individuali degli studenti, spingendo alcuni giovani verso il ritiro sociale. Inoltre, la cultura prevalente che valorizza principalmente il successo lavorativo e sociale può contribuire a una sensazione di inadeguatezza e isolamento. Le tecnologie moderne hanno introdotto nuove modalità di apprendimento che possono essere discordanti con i metodi tradizionali utilizzati nella scuola, contribuendo alla sensazione di alienazione da parte degli studenti. Sebbene ci siano sforzi per integrare la tecnologia nella didattica attraverso iniziative come il Piano Nazionale per la scuola digitale, la scuola può ancora trovarsi in difficoltà nell’adattare i suoi metodi di insegnamento ai cambiamenti sociali e tecnologici. Il ritiro sociale degli Hikikomori può
Concetto di Disruptor Originale

Terapie di Modulazione della Trasduzione Cellulare (CTMT): una proposta per l’esplorazione di tecniche e tecnologie mediche che regolano e modulano i percorsi endogeni innati per l’omeostasi. Un cambio di paradigma verso approcci di medicina rinnovabile e verde nella Medicina dello Sport e della Riabilitazione. Vincent Kenneth Craig1, 2., & Castillo-Mendoza Y3. 1Consultente Kompass Health Oman, 2Consultente Al Methali Rehabilitation, Muscat, Oman. 3Dipartimento di Traumatologia, Centro de Salud Nuestra Señora de Garcia, Siviglia, Spagna., altri autori (TBA) Abstract Viviamo in un’era sempre più consapevole della necessità e del cambiamento verso lo sviluppo, il progresso e l’applicazione rinnovabili (es. energia rinnovabile) per garantire un ambiente globale più sano per le generazioni future. Qui proponiamo un cambiamento verso la medicina riabilitativa rinnovabile e verde, con approcci che si concentrano su tecniche e tecnologie in grado di attingere alle risorse endogene naturali nell’ecosistema biologico umano, in modo minimamente invasivo, che siano sistemicamente neutre per garantire una riabilitazione sicura, accessibile e sostenibile per le necessità globali tra la popolazione sportiva e, persino, in patologie non sportive. Questo abstract verrà ampliato in un documento di lavoro che spiegherà le leggi naturali dell’embriologia, i sistemi di comunicazione cellulare e i percorsi (comunicazione cellula-cellula, mitocondri, trascrizioni del DNA) dell’essere umano, che offrono una metodologia riabilitativa significativa e sostenibile per uno spettro di patologie sportive e, potenzialmente, per l’estensione della carriera. CTMT comprende una tecnica di trattamento che utilizza tecnologie mediche viste come dispositivi di trasduzione del segnale cellulare (es. eswt, fotobiomodulazione, trasduzione magnetica, terapia a vuoto intermittente, ecc.), inclusi tutti i dispositivi che propagano una trasduzione cellulare o una risposta di trasmissione per trattare, indurre o stimolare una risposta multisistemica integrata dell’essere umano. L’applicazione prevede uno stimolo esterno che genera risposte biofisiche, bioneurologiche, biochimiche e ormonali in modo sinergico, promuovendo il recupero e la guarigione in condizioni patologiche e, potenzialmente, prevenendo lesioni. Il valore e le implicazioni di tali terapie e della loro applicazione nella riabilitazione sportiva sono inestimabili, poiché aiutano gli atleti a tornare in gioco più rapidamente, a rimanere in gioco e, cosa più importante, a prevenire lesioni, contribuendo potenzialmente alla longevità della carriera. La scienza biologica di base, la neutralità sistemica e la natura minimamente/non invasiva della CTMT forniscono una premessa convincente per la sua adattamento e applicazione diffusa nell’arena sportiva. Le risposte biologiche endogene naturali che generano ‘percorsi verso la fisiologia’ fanno sì che la CTMT venga etichettata come ‘Medicina Riabilitativa Verde’. Gli autori desiderano sottolineare che, per quanto a loro conoscenza, i termini trasduzione / trasmissione cellulare e terapie di modulazione (CTMT), medicina rinnovabile e medicina verde non sono stati pubblicati precedentemente, e questa potrebbe essere la prima volta che vengono utilizzati. We live in an era that is increasingly cognizant for the need and shift toward renewable development, progress, and application (ie. Renewable energy) to ensure a healthier global environment for future generations. Here we propose a shift toward renewable and green rehabilitation medicine and approaches that focus on techniques and technology that is able to tap into the natural endogenous resources in the human biological eco-system, in minimally invasive manner, that is systemically neutral to ensure safe, accessible, and sustainable rehabilitation care for the global needs among the sports population, and even in non-sporting pathologies. This abstract will be expanded into a working white paper explaining natural laws of embryology, cellular communication systems and pathways (cell-cell communication, mitochondria, and DNA transcriptions) of the human being that offer meaningful and sustainable rehabilitation methodology for a spectrum of sports pathologies, and potentially for career extensions. CTMT encompasses treatment technique(s) that utilizes medical technology seen as cellular-stimulus transduction devices or technology (eg. eswt, photobiomodulation, magnetic transduction, intermittent vacuum therapy etc.), including any devices that propagate a cellular transduction, or transmission response to treat, induce or stimulate an integrated multisystem response of the human being. The application involves an external stimulus which engenders biophysiological, bio-neurological, bio-chemical, and hormonal responses in a synergistic manner promoting recovery and healing in pathological conditions, and even potentially engendering injury prevention. The value and implications of such therapies and their application in sports rehabilitation is invaluable as it helps athletes return to play more rapidly, remain in play, and most importantly prevent injury, and potentially assisting with career longevity. The basic biological science, the systemic neutrality, minimally / non-invasive nature of CTMT provide a compelling premise for its adaptation and widespread application in the sports arena. The natural endogenous biological responses that engender ‘paths-to-physiology’ make CTMT be readily labeled as ‘Green Rehabilitation Medicine’. The authors wish to highlight that to the best of their knowledge the terms cellular transduction / transmission and modulating therapies (CTMT), renewable medicine, and green medicine have not been previously published, and this may be the first instance of its usage.
Lasse Lempainen: il chirurgo del Calcio e maestro della chirurgia sportiva

Abbiamo incontrato il prof. Lasse Lempainen in occasione del convegno “La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain”. Il professor Lasse Lempainen è specialista in Chirurgia Ortopedica presso la Casa di Cura La Madonnina, l’Hospital Pihlajalinna di Turku ed Helsinki (Finlandia) e il Ripoll y De Prado di Madrid (Spagna). L’evento si è tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e di AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”.
Prevenzione delle lesioni muscolari: è possibile oggi in una squadra Top Level? Video con il prof. Pintus

Prevenzione delle lesioni muscolari: è possibile oggi in una squadra Top Level? Ne abbiamo parlato con il prof. Antonio Pintus, preparatore atletico del Real Madrid , in occasione del convegno “La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain”. L’evento si è tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e di AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Con la sua professionalità, studio, esperienza Antonio Pintus ha migliorato e continua a migliorare la condizione fisica e la performance degli atleti, in particolare calciatori. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”.
A Parma convegno con l’eccellenza della Medicina dello Sport |video con il dott. Bruzzone

“La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain” è stato il tema del convegno scientifico tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e da AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”. Successo di partecipazione e importantissimi nomi del panorama internazionale della Medicina dello Sport hanno arricchito un evento di grande successo e rilevanza. Vai lo special con tutti gli altri video
SPECIAL VIDEO | VI CONVEGNO MARCH BREAK “STADIUM 10 ANNI DOPO”

“La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain” è stato il tema del convegno scientifico tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e da AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”. A Parma convegno con l’eccellenza della Medicina dello Sport |video con il dott. Bruzzone Imaging e classificazione delle lesioni muscolari. Video con il dott. Pasta Sport, il prof. Ramon Cugat un faro per la chirurgia traumatologica Terapia infiltrativa nelle lesioni muscolo-tendine, video con il dott. Freschi Lasse Lempainen: il chirurgo del Calcio e maestro della chirurgia sportiva prof. Pier Paolo Mariani, eccellenza nella chirurgia ortopedica e medicina sportiva Retto femorale Prossimale, video con il Prof. Stefano Mazzoni Infortuni strutturali e lesioni muscolo-specifiche, video con il prof. Gianni Nanni Rottura Lca negli atleti d’élite: è sempre da operare? Video con il dott. Andrea Panzeri Prevenzione delle lesioni muscolari: è possibile oggi in una squadra Top Level? Video con il prof. Pintus
Rottura Lca negli atleti d’élite: è sempre da operare? Video con il dott. Andrea Panzeri

Rottura Lca negli atleti d’élite: è sempre da operare? Un quesito cui ha dato una qualificata risposta il dott. Andrea Panzeri, Presidente della Commissione Medica Federazione Italiana Sport Invernali (FISI), responsabile dell’Unità operativa di Sport Trauma e Research center dell’Istituto Clinico San Siro e consulente Ortopedico presso la Casa di Cura La Madonnina, in occasione del convegno “La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain”. L’evento si è tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e di AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”. Vai allo special con tutti i video
Infortuni strutturali e lesioni muscolo-specifiche, video con il prof. Gianni Nanni

Infortuni strutturali e lesioni muscolo-specifiche: come e perché cambia la prognosi negli sportivi. Ne abbiamo parlato con il prof. Gianni Nanni, docente universitario, Medico sociale e responsabile sanitario Bologna FC, responsabile di Isokinetic, rappresentante Lega dei Medici della FIGC, in occasione del convegno “La Gestione dell’atleta professionista d’élite, Lesioni del LCA, Lesioni muscolo-tendinee e Groin Pain”. L’evento si è tenuto a Parma con l’organizzazione del “Progetto Formazione Sport & Medicine” e di AV Eventi e Formazione con il patrocinio del Parma Calcio e della Federazione Medico Sportiva Italiana e la collaborazione di Orthoimaging. Tre giorni intensi di alta formazione confluiti nel “VI March Break 2025 – Stadium 10 anni dopo” fortemente voluti dal dott. Marco Bruzzone, docente universitario di Medicina dello Sport e responsabile scientifico del “Progetto Formazione Sport & Medicine”. Vai allo special con tutti i video